CHI SIAMO

Il Coordinamento Genitori Democratici è un'associazione nazionale che, ispirandosi ai valori di laicità, democrazia, libertà e uguaglianza della costituzione repubblicana, promuove nella famiglia, nella scuola e nella società il pieno riconoscimento del diritto delle bambine e dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti ad essere considerati persona, a crescere in piena autonomia, salute, dignità e favorisce l'affermazione di una nuova cultura dell'infanzia e dell'adolescenza. Il C.G.D. promuove la cultura della pace e della non violenza e opera per fini di solidarietà e di promozione culturale, sociale e umana nella consapevolezza che i problemi dell'infanzia e dell'adolescenza possono essere risolti solo nella prospettiva di un diverso rapporto tra il nord e il sud del mondo, di un comune impegno per la difesa della natura e dell'ambiente, del rispetto e della valorizzazione delle diversità etniche, culturali e religiose, del pieno riconoscimento dei diritti dei deboli e degli svantaggiati.

martedì 13 settembre 2011

Micromondi per una città in mano ai bambini

-         Micromondi, una grande festa di piazza dedicata ai bambini, dal 16 al 18 settembre. Molteplici le attività: la musica, il gioco, lo sport, lo spettacolo, la lettura, il circo.
-         Una iniziativa  che nasce dal lavoro del Clt e del comune di Terni, con il supporto di Fast – Festival internazionale della creazione contemporanea e la circoscrizione Nord.
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La manifestazione, al suo primo anno di vita, vuole essere  una tre giorni  tutta dedicata ai bambini, protagonisti dell'intera città. Numerosi i luoghi in cui si svolgeranno gli incontri: Piazza Ridolfi, Piazza Europa, Piazza della Repubblica, Piazza Solferino, la Biblioteca comunale, il Circolo Lavoratori Terni, il Parco Fluviale .
Le attività di venerdì, 1,2,3 Stella,  sono promosse e curate dagli assessorati alla Cultura e lo Sport,  si svolgeranno dalle 17 alle 23
-          Spazio del movimento e della musica in Piazza Ridolfi;
-          Spazio dello spettacolo, in Piazza Europa;
-         Spazio dei giochi in Piazza della Repubblica;
-         Spazio della creatività, in Piazza Solferino,
-         mentre dalle 17 alle 18.30 Spazio del leggere – fare – giocare, nella Bct.
-         Tra gli appuntamenti della sera:
-          alle 21 il laboratorio Facciamo un libro di stelle,
-         alle 22 Le favole della buonanotte, alle 23 Poche storie e buonanotte!

-         Le attività di sabato, curate dal Clt, Circo al Circolo, si svolgeranno al centro del Circolo Lavoratori Terni, in via Muratori, che si animerà con spettacoli ispirati al mondo del circo, con compagnie e artisti di fama internazionale. In particolare dalle 10 alle 12 le animazioni rivolte ai bimbi più piccoli. Nel pomeriggio, dalle 15 alle 19, spazio ai più grandi con spettacoli.

-         Domenica 18 settembre, Fast Kids dalle 16,30 alle 19,30, si svolgeranno negli spazi del Parco Fluviale di Terni , e sono attività, curate dalla circoscrizione Nord e dal Fast e vanno dalla merenda a tema letterario le Favole di Esopo, a cura dell’associazione Fosca, a Track di Graeme Miller, un’installazione interattiva per adulti e bambini che vengono guidati su un binario con il naso all’insù.

martedì 12 aprile 2011

Cinque metri quadri per bimbo

Cinque metri quadri per bimbo
l'asilo nido diventa low cost
Senza fondi pubblici le rette salgono e la qualità si abbassa. Con l'appalto ai privati meno ore, spazi e attività educative. E cresce la protesta: a Bologna è già sceso in piazza il "popolo dei passeggini"
di MARIA NOVELLA DE LUCA

ROMA - Convenzioni "low cost", appalti al ribasso, rette più alte, orari più corti. Educatori precari, mal pagati, poco formati, costretti a turni più lunghi, con un numero di bambini da gestire spesso oltre i limiti di legge. I soldi non ci sono più, i Comuni hanno i conti in rosso, e la rete degli asili nido italiani, poco estesa è vero, ma in alcune regioni eccellente, rischia adesso il collasso. Sulla pelle dei più piccoli tra i piccoli, i bimbi 0-3 anni, in quei mille giorni della prima infanzia in cui un buon nido, così dimostrano ormai decine di ricerche e soprattutto gli studi del Nobel americano James Heckman, può diventare uno straordinario volano per lo sviluppo futuro. Senza fondi pubblici le rette salgono e la qualità si abbassa.

Cartoline da un'Italia che torna indietro. Dove la crisi spazza via anche le cose migliori. Dove il numero dei posti-nido, che era (miracolosamente) salito dal 10 al 17% in tre anni, grazie al finanziamento di 446 milioni di euro del piano straordinario deciso nel 2007 dal governo Prodi, oggi rischia di perdere numeri e qualità. Finiti quei soldi, per il 2011 ci saranno ancora un po' di risorse del "fondo per la famiglia", poi più nulla. Un deserto. Che ci allontanerà ancora una volta dall'obiettivo europeo che aveva fissato per il 2010 al 33% la quota minima di posti all'asilo nido per ogni regione.

E mentre si aprono le iscrizioni per l'anno 2011/2012 la protesta cresce. A Bologna, nel cuore
del welfare che funziona, è sceso in piazza il "popolo dei passeggini" mamme e bebè muniti di fischietto che hanno sfilato per le vie del centro contro la chiusura di alcuni storici nidi comunali. A Roma non si placa lo scandalo delle convenzioni a prezzo stracciato: appalti concessi dal sindaco Alemanno a cooperative che hanno accettato contributi comunali soltanto di 475 euro a bambino, contro i 700 ritenuti necessari dal Cnel a garantire gli standard minimi di qualità. E a Milano il comune ha "accreditato" asili privati a tariffe low cost (520 euro a bambino), mentre a Firenze sono stati gli educatori dei nidi comunali a protestare contro "l'esternalizzazione" dei servizi per la prima infanzia. In una giungla di normative e di regolamenti dove ogni regione fa da sé, dai metri quadri che devono essere assicurati ad ogni bambino, (6mq in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 10 nel Lazio) al numero di piccoli e piccolissimi che ogni educatore deve avere in carico. Spiega Lorenzo Campioni, pedagogista, collaboratore del "Gruppo nazionale nidi d'infanzia": "La crisi è grave, con questo taglio di fondi si rischia di passare dal nido come luogo educativo al nido come luogo assistenziale, dove i bambini vengono "guardati" ma non stimolati a sviluppare le loro qualità e i loro talenti. E purtroppo va in questa direzione anche la scelta di finanziare asili domiciliari, tagesmutter, con l'idea che basta essere donne, madri, e fare qualche ora di corso per potersi occupare di un gruppo di bambini... Il problema non è la contrapposizione tra i nidi pubblici - continua Campioni - e i nidi in convenzione. Il sistema integrato può anche funzionare, il punto sono i fondi e il controllo dei Comuni. Se le cooperative ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto, senza sostituirlo nelle malattie, aumentando così il numero di bambini per ogni educatore".

Eppure la campagna low cost va avanti, come denuncia Pino Bongiorno, presidente della Legacoop del Lazio, che si è rifiutata di partecipare ai bandi proposti da Alemanno. "E' impossibile gestire un nido con una convenzione di 475 euro a bambino. Per rientrare in quei costi chi gestisce gli asili avrebbe dovuto violare i contratti, assumere in nero, abbassare gli standard di sicurezza. Abbiamo detto no, e Alemanno è stato anche "bocciato" dall'Authority dei contratti, che ha giudicato gli asili low cost illegittimi. Ma il Campidoglio va avanti: purtroppo il parere dell'Authority non è vincolante". A sorpresa è stata un'associazione storica e di qualità, "Il centro nascita Montessori", ad aggiudicarsi uno di questi appalti, accettando una convenzione a tariffe stracciate. Ma la presidente, Laura Franceschini, si difende: "Siamo del tutto coscienti dei gravi limiti di questo bando, ci batteremo perché i parametri vengano cambiati, ma aprendo un nuovo nido volevamo salvare il posto di lavoro ad un gruppo di nostri educatori, dopo la chiusura di un nido aziendale che avevamo gestito per sette anni...".

Parole, dati, cifre che dimostrano quando il "sistema nidi" sia fragile. E quanto, con le parole di Lorenzo Campioni, basti il taglio di qualche ora, un'attenzione in meno, per creare ansia e danni a bimbi così piccoli. "Pensate alla differenza tra il cambiare un bambino in un minuto e mezzo, perché ce ne sono altri 10 a seguire, o cambiarlo in 4 minuti, sorridendo e parlandogli: le sue sensazioni saranno di pace e serenità, invece che di fretta e di stress. Vi sembra poco?". 

Omeopatia, dentista e psicologo

Tolto il segreto sui costi dell'assistenza integrativa dei deputati e dei loro familiari. Nel 2010 spesi oltre 10 milioni di euro. Ma non tutto è ancora pubblico di ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio. Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.
LA TABELLA 1

Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche. Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.

Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto
il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket.

A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata
Parlamento WikiLeaks. I deputati di Pannella chiedono i dati delle consulenze e degli appalti e contratti vari, e poi li pubblicano online "perché solo così - spiega l'onorevole Rita Bernardini - i conti della Camera sono sottoposti al controllo dell'opinione pubblica. In caso contrario alla Camera si sentono liberi di fare qualsiasi cosa perché tanto non c'è nessuno che li controlla".

Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili? Cosa c'è da nascondere?

Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste".

Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo - spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini italiani. Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all'anno

venerdì 4 marzo 2011

Vademecum della manifestazione del 12 Marzo

La manifestazione è aperta a chiunque creda che la Costituzione sia una somma di diritti e di doveri per tutte le cittadine e tutti i cittadini, che sono sovrani nel proprio paese, come sancito dall’Art.1.

  • La manifestazione è organizzata per difendere i valori della legalità repubblicana – troppo spesso impunemente violati – e della dignità costituzionale che non dev’essere calpestata.
  • La manifestazione vuole ribadire la necessità della certezza del diritto, che  è  il primo bene pubblico indispensabile per ciascun cittadino, di qualunque schieramento. Per questo motivo si preferisce non vi siano simboli riconducibili a partiti o sindacati, nel rispetto dell’iniziativa che vuol’essere trasversale ed aperta a chiunque vi si riconosca.
  • La manifestazione si rivolge a tutte e tutti, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, come sancito dall’Art.3, perché la Costituzione è di tutte e tutti e dev’essere protetta e difesa da cittadine e cittadini, giovani e meno giovani. Sempre.
  • La manifestazione è più bella se avremo tra le mani un tricolore e una costituzione con i quali urleremo ‘basta’ a chi continua ad anteporre interessi privati al bene comune del nostro paese.
  • Porta con te alla manifestazione la Costituzione scarica e stampa l’immagine

MANIFESTAZIONE DEL 12 MARZO 2011

A difesa della Costituzione. Se non ora, quando?

InA difesa della costituzione su 19/02/2011 a 19:02
Di fronte ad un Presidente del Consiglio che dice “questa volta nessuno mi potrà fermare”, usando tono e parole da resa dei conti più adeguati ad un film d’azione degli anni ’80 (un brutto film, tra l’altro) che ad un civile dibattito istituzionale, le possibilità sono poche.
Una è pensare che abbia ragione, che faccia bene, che questo piglio deciso possa cambiare in meglio il paese. Chi pensa ciò, è pregato di uscire ora di casa, e di guardare quel pezzettino d’Italia che gli sta attorno. Vede un paese sereno, speranzoso, che guarda con ottimismo e fiducia al domani? Se sì, allora credo sinceramente che faccia bene a stare lì dove si trova, a lasciare che il Presidente del Consiglio vada avanti pretendendo che nessuno lo fermi. Stia lì, per favore, perché se sta lì forse farà meno danni.
Chi invece vede un paese stanco, stremato, impaludato in una crisi economica e, soprattutto sociale, forse dentro di sé sente di voler fare qualcosa, qualcosa che serva, ma non sapendo bene cosa fare, esita. Oppure discute, cerca di capire, si confronta: sta fermo, però dialoga con chi gli sta attorno tentando di trovare una soluzione. Entrambi gli atteggiamenti hanno una cosa in comune, però: si resta fermi mentre chi dice “questa volta nessuno mi potrà fermare” va per la sua strada, con al seguito i servitori che è riuscito ad arruolare o quei cittadini che, bontà loro, sono convinti che faccia bene.
Noi non pensiamo che un Presidente del Consiglio che dice “questa volta nessuno mi potrà fermare” abbia ragione. Noi pensiamo, con tutte le umane imperfezioni delle nostre parole e dei nostri intenti, con tutta la confusione, l’incertezza, le contraddizioni, le paure del caso, che un discorso del genere sia eversivo.
Eversivo perché quel “nessuno” comprende pezzi di istituzioni come Corte Costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura, Parlamento, Presidenza della Repubblica; comprende pezzi del paese come l’Università, le redazioni dei giornali, i blogger, i teatri. E queste cose non sono “nessuno”: sono ciò che contribuisce a rendere l’Italia una democrazia. E, quando si parla di istituzione, bisogna ricordare che sono ben più importanti delle persone che le rappresentano. Sono edifici i cui inquilini cambiano periodicamente, magari dimostrandosi non all’altezza, ma le fondamenta di questi edifici devono essere maneggiate con estrema cautela: di sicuro non possono essere trattate come un ostacolo dai rappresentanti di altre istituzioni.
Ogni volta che ciò succede esse vacillano, e ogni volta si rischia un crollo. E in Italia, negli ultimi vent’anni, esse hanno vacillato di continuo, tanto che ormai molti pensano che sia normale. Invece non lo è, non lo è mai. Non è con questo spirito che sono state erette. È per questo che abbiamo deciso di mobilitarci.
Noi, i nostri dubbi, le nostre paure, ma anche le nostre speranze, la nostra sofferta aspirazione ad un paese in cui il domani non sia un orizzonte carico di angoscia e l’oggi una cappa asfissiante. Noi, gli errori che probabilmente commetteremo, ma che ci daranno la possibilità, affrontandoli strada facendo, di diventare persone migliori.
Si può pensare che le manifestazioni non servano, che non serva mobilitarsi, perché manifestare, protestare sono altra cosa rispetto alla politica. Ditelo agli egiziani. Ditelo ai tunisini, agli albanesi. Ditelo a chi è dovuto arrivare alla disperazione più nera e totale, prima di trovare la forza di superare le divisioni, le perplessità e i dubbi, peraltro legittimi, anzi. Perché non si tratta, ora, di stare dalla parte giusta, di capire chi sono i buoni e chi i cattivi, come se esistesse una linea netta che li separa. Si tratta, più semplicemente, di immaginarci da qui a venti, trent’anni, e di immaginare quale Italia vorremo raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti, e di pensare a che cosa risponderemo quando ci verrà chiesto “tu dov’eri?”, “che cosa facevi?”.
Matteo PascolettiValigia Blu

DALLA REPUBBLICA DEL 3 MARZO 2011

ABBIAMO SCELTO LA SCUOLA PUBBLICA PERCHE'...................

In attesa di scendere ancora in piazza, sul nostro sito le  frasi più belle e più interessanti  dei nostri genitori che rispondono alla domanda: “Abbiamo scelto la scuola pubblica perché…”
Cliccate sul titolo di questo post per leggere e aggiungere le vostre frasi.

90 Commenti a “Abbiamo scelto la scuola pubblica perchè…”

  • Monica:
    Ho scelto la scuola pubblica perchè io sono un prodotto di essa e mi hanno “insegnato” i valori della democrazia, oggi la scuola pubblica ha bisogno di aiuto ma è sempre la stessa: libera, democratica, seria e ricca di insegnanti competenti che” insegnano ” l’ugualianza e non fanno distinzioni tra classi sociali; questo voglio che venga “insegnato” a mia figlia.
  • ada aguglia:
    perchè è una conquista democratica, un luogo di confronto, un laboratorio di idee, di esperienze, di incontro culturale fra diversi, un luogo dove si cresce davvero, che nessuno dovrebbe toglierci, visto che gli spazi liberi sono sempre di meno.
  • claudia:
    Ho scelto la scuola pubblica perchè dovrebbe essere laica, apolitica e multietnica insomma dovrebbe essere portatrice dei valori della Costittuzione e non solo di alcune minoranze o maggioranze.
  • antonella:
    xchè non ne conosco un’altra, xchè ci distingue da chi ci ignora, xchè ci eleva per le nostre capacità puittosto che x il nostro status, xchè ci aiuta nella diversità, apprezzando ogni individuo in quanto tale facendo delle proprie debolezze un arricchimento, xchè solo partendo dal basso si può essere motivati e sentirsi liberi!
  • antonella:
    perchè ci distingue dalle altre classi sociali, ci rende liberi di essere ciò che siamo, ci accomuna nelle diversità, ci fa crescere nella uguaglianza, ma innanzitutto ci separa da chi non ci apprezza e ci avvicina a chi come noi sa da dove viene il nostro essere figli del mondo…quello libero,noi!
  • Nadia M.:
    Perchè vivo nella democrazia.
    E non conosco modo migliore di praticarla ogni giorno, se non attraverso la scuola pubblica.
  • gianfranco sasso:
    non ho scelto la scuola pubblica, ma sono pronto a dare la vita perchè esista!
  • marta e sergio:
    abbiamo sempre scelto la scuola pubblica perchè crediamo nel diritto allo studio, perchè è l’unica che garantisca pari opportunità, perchè nonostante il momento drammatico è l’unica che ancora offre una seria prepaazione, grazie a tante persone che resistono e lavorano con reale dedizione.
    abbiamo scelto la scuola pubblica per i nostri figli perchè vogliamo credere che cresceranno come consapevoli individui nelle loro scelte e nel rispetto di quelle altrui, in uno stato democratico che abbia a cuore la loro istruzione che gli dovrà essere sempre garantita
  • barbara e massimo:
    è libera, democratica, preparata e competente
  • Cristina:
    Ho scelto la scuola pubblica appunto perchè “pubblica” credevo significasse per tutti. credevo significasse vi posso partecipare, credevo significasse fare del proprio meglio comunque… ci credo ancora, rinascessi cento volte per i miei figli vorrei comunque una scuola pubblica, dove sentirmi una persona, non una “GRIFE”.
  • Anonimo:
    E’ importante frequentare la scuola pubblica perchè tutti i cittadini hanno la possibilità di avere una istruzione ed educazione, cosa che nella scuola privata non avviene in quanto vengono selezionati alunni in base al reddito dei genitori.

SCIOPERO DEL 12 MARZO--COMUNICATO STAMPA CGD NAZIONALE

Comunicato stampa
Il Coordinamento genitori Democratici aderisce allo sciopero del 12 marzo e sarà in piazza con i lavoratori perché crede nella necessità di costruire un futuro per il nostro paese con particolare attenzione alle giovani generazioni.
Perché vuole respingere l’attacco violento all’intero sistema formativo pubblico italiano che va inesorabilmente trasformandosi in un sistema pubblico-privato che nega il diritto di tutti e può garantire solo alcuni; un sistema che per sopravvivere deve fare ricorso alle tasche dei genitori per garantire quello che la Costituzione garantiva a tutti i bambini e le bambine di questo paese.
Perché sappiamo che il futuro di un paese si costruisce con politiche investimento sulla conoscenza e politiche di accoglienza e di lotta alle nuove schiavitù.

lunedì 28 febbraio 2011

Ricordando Bollea..7 regole d'oro per educare i bambini

SETTE REGOLE D'ORO PER EDUCARE I BAMBINI

1. Dategli meno. Hanno troppo, non c’è dubbio. Il consumismo fa scomparire il desiderio e apre le porte alla noia.
2. Quella che conta è l’intensità, non la quantità di tempo passato con i bambini. I primi venti minuti del rientro a casa dal lavoro sono fondamentali. Devono essere dedicati al colloquio e alle coccole. E non certo a chiedere dei compiti o dei risultati.
3. I giochi più educativi sono quelli che passano attraverso la fantasia della madre e le mani del padre: bastano due pezzi di legno, ma i genitori ormai non sanno più inventare.
4. Dai tre ai cinque anni è bene avviare i bimbi ai lavoretti a casa, assieme ai genitori. È utile che sappiano stirare con un piccolo ferro o attaccare un bottone.
5.Sport. Prima di tutto deve essere lui a desiderarlo. Meglio se lo fa in gruppo, facendo capire che agonismo significa emergere con fatica e non diventare campioni. Ottime due o tre ore di palestra alla settimana. Poca competizione, grande beneficio fisico.
6. Va incoraggiata la cultura artistica abituandoli al bello. Teatro, musica, arti visive creano il desiderio di migliorare. I soldi spesi per la cultura sono quelli che rendono di più.
7. Ultimo suggerimento: ho una mia teoria e forse mi prenderanno in giro. La chiamo: la donna a tre quarti del tempo. Le donne che lavorano, la maggioranza, a fine giornata pensano già ai figli, alla spesa, agli impegni di casa e rendono poco. Non sarebbe meglio lasciarle uscire mezz’ora prima? I figli, tornando da scuola, le avrebbero a casa meno stressate e più disponibili. Più che di corsi, è di questo che i bimbi hanno bisogno.

Giovanni Bollea, Neuropsichiatra infantile

IL PAESE DEI BUGIARDI

Il paese dei bugiardi


C'era una volta, là/ dalle parti di Chissà,/ il paese dei bugiardi./ In quel paese nessuno/ diceva la verità,/ non chiamavano col suo nome/ nemmeno la cicoria:/ la bugia era obbligatoria./ Quando spuntava il sole/ c'era subito uno pronto/ a dire: "Che bel tramonto!"/ Di sera, se la luna/ faceva più chiaro/ di un faro,/ si lagnava la gente:/ "Ohibò, che notte bruna,/ non ci si vede niente"./ Se ridevi ti compativano:/ "Poveraccio, peccato,/ che gli sarà mai capitato/ di male?"/ Se piangevi: "Che tipo originale,/ sempre allegro, sempre in festa./ Deve avere i milioni nella testa"./ Chiamavano acqua il vino,/ seggiola il tavolino/ e tutte le parole/ le rovesciavano per benino./ Fare diverso non era permesso,/ ma c'erano tanto abituati/ che si capivano lo stesso. / Un giorno in quel paese/ capitò un povero ometto/ che il codice dei bugiardi/ non l'aveva mai letto,/ e senza tanti riguardi/ se ne andava intorno/ chiamando giorno il giorno/ e pera la pera,/ e non diceva una parola/ che non fosse vera. / Dall'oggi al domani/ lo fecero pigliare/ dall'acchiappacani/ e chiudere al manicomio./ "E' matto da legare:/ dice sempre la verità"./ "Ma no, ma via, ma và ..."/ "Parola d'onore:/ è un caso interessante,/ verranno da distante/ cinquecento e un professore/ per studiargli il cervello ..."/ La strana malattia/ fu descritta in trentatre puntate/ sulla "Gazzetta della bugia"./ Infine per contentare/ la curiosità popolare/ l'Uomo-che-diceva-la-verità/ fu esposto a pagamento/ nel "giardino zoo-illogico"/ (anche quel nome avevano rovesciato ...)/ in una gabbia di cemento armato./ Figurarsi la ressa./ Ma questo non interessa./ Cosa più sbalorditiva,/ la malattia si rivelò infettiva, / e un po' alla volta in tutta la città/ si diffuse il bacillo/ della verità./ Dottori, poliziotti, autorità/ tentarono il possibile/ per frenare l'epidemia./ Macché, niente da fare./ Dal più vecchio al più piccolino/ la gente ormai diceva/ pane al pane, vino al vino,/ bianco al bianco, nero al nero:/ liberò il prigioniero,/ lo elesse presidente,/ e chi non mi crede/ non ha capito niente.

(Gianni Rodari, Le favole a rovescio).


Ci piace citare  ancora Rodari nei giorni in cui due “pedagogisti” di spessore parlano della scuola pubblica.
L’una la Mastrocola suggerendo  nel suo ultimo libro una scuola  a tre livelli : per gli irrecuperabili, per il ceto medio, per  i veri talenti, facendola finita una volta per tutte con le derive lassiste ispirate da don Milani e Rodari; il secondo, Silvio Berlusconi, impegnandosi a combattere contro la scuola di stato (ma non è anche presidente del Consiglio cioè colui che la scuola pubblica incarna, promuove, tutela come pilastro della società.?)in cui gli insegnanti inculcano principi contrari a quelli dei genitori.
Combattere la scuola pubblica per difendere la libertà di scelta delle famiglie: i figli sono solo proprietà privata dei genitori e non cittadini di questo paese; i genitori ne scelgono destini e futuro: ovviamente ciascuno secondo le sue possibilità economiche.
 La  scuola della Costituzione? un orpello inutile, difesa solo da quei  radical-chic che recentemente hanno riempito le piazze italiane.
E il ministro della pubblica istruzione, messo in discussione dalle parole del premier,  si dimette indignato? No, ma spiega, giustifica, chiosa il pensiero del capo: "Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea contrapposizione tra scuola Statale e scuola Paritaria”!!!!.
La scuola pubblica è il luogo in cui l’Italia costruisce e costruirà il suo futuro: difendiamola!

giovedì 10 febbraio 2011

SE NON ORA QUANDO -MANIFESTAZIONE NAZIONALE PER LA DIG

Se non ora, quando?
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che – va ricordato nel 150esimo dell’unità d’Italia – hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.
Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.

IL PAESE DEGLI SMEMORATI ( INTERVISTA AD ANGELA NAVA)


Il Paese degli Smemorati: "Abbiamo perso
l'idea di quale sia il valore della scuola"
Per Angela Nava, presidente del CGD, non sarà facile risalire la china e non basterà solo maggiore attenzione economica, perché il vero problema sono i danni culturali arrecati da questo governo
pubblicato il 24 gennaio 2011 ,
di Giovanni Belfiori

Angela Nava è presidente nazionale del
associazione fondata nel 1976 da Marisa Musu e Gianni Rodari.
Coordinamento Genitori Democratici,
Questo anno, elezioni o non elezioni, sarà quello in cui il Paese dovrà fare i conti con i danni gravi, strutturali, che il governo di centro destra ha arrecato al sistema della pubblica istruzione. Danni che ben difficilmente saranno sanabili solo con qualche soldo in più; incrostazioni che per essere tolte avranno bisogno di soluzioni forti.
La situazione è drammatica, culturalmente drammatica, oltre che economicamente, perché in un Paese che è quello della ‘smemoratezza’, sono bastati due anni di Gelmini, preceduti da quelli morattiani, per far quasi perdere la consapevolezza di ciò che la scuola dovrebbe essere e anche di quel che la scuola era stata. Il movimento dei genitori è positivo per tutto quel che riguarda la partecipazione, ma è stato tarato tutto sulle necessità, sulle urgenze di coprire le spese quotidiane, sulle emergenze d’ogni giorno, insomma su ciò che la scuola non dava economicamente piuttosto che su ciò che la scuola avrebbe potuto dare in più.
Solo ora si sta diffondendo la coscienza di quanto il sistema scolastico sia caduto nella qualità, di come la scuola sia diventata una ‘scuola per pochi’, per quelli già dotati, per quelli che hanno una famiglia istruita, benestante alle spalle. Tutti gli altri, nella logica di questo governo, sono quelli che vivranno la scuola come un veloce passaggio che li condurrà al precariato, a lavori di serie Z, alla marginalità sociale, culturale, produttiva. La valutazione numerica o le classi sovraffollate delle scuole primarie hanno lasciato ai margini tutti quei bambini che non sono particolarmente problematici e che in una classe di 20 alunni, con le compresenze degli insegnanti, sarebbero stati serenamente recuperati e portati al livello degli altri o meglio degli altri. Il vero danno è stato rinchiuderci un po’ tutti in un individualismo di bottega, la corsa a cercare il meglio solo per il proprio figlio, dimenticando che c’è un interesse generale che diventa il benessere di tutti i bambini. Per risalire questa china ci vorrà molto tempo, e non basterà solo una maggiore attenzione economica al mondo della scuola.
Mi pare che questo governo consideri i genitori, la loro partecipazione, quasi come un’appendice inutile e perfino d’ostacolo a un discorso efficientista e produttivo. La pensi così?
No, perché la destra ha anche coccolato i genitori, riferendosi al ventre molle, facendo leva sul loro egoismo. Si è cominciato con la politica dell’anticipo: chi è quel genitore che non dice che suo figlio è il più bello e
il più bravo del pollaio e può andare sicuramente a scuola a 5 anni? E questo non ha certo indotto alla riflessione che forse la socialità, lo stare insieme per gruppi di età potrebbe essere fondamentale.
O dire ai genitori che per avere una scuola efficiente occorre rivolgersi alle scuole private, magari con una quota capitaria che vada su ‘mio’ figlio. Il genitore è stato preso in considerazione e molcito negli aspetti più bassi, che erano a scapito della qualità generale, ma davano a ognuno l’illusione –poi rivelatasi perdente- che suo figlio, e solo suo figlio, si sarebbe salvato.
Tutto questo mascherato da una filosofia liberista. Peccato che non una pericolosa centrale terzinternazionalista, ma la Fondazione Giovanni Agnelli, nel suo rapporto sulla Scuola 2010, fa un po’ i conti di quel che all’Italia costa, in termini economici, una scuola che non è motore di mobilità sociale, che ha troppi abbandoni, che è profondamente divisa fra nord e sud, che non riconosce dignità all’istruzione tecnica e professionale. Negare le opportunità a tutti significa disconoscere i talenti che possono esserci a Scampia come nel centro di Milano, nel figlio dell’operaio come nel figlio del professore.
 Questo non è liberalismo, è una concezione ottocentesca, vecchia, inadeguata alla globalizzazione, perdente.
Sì, ottocentesca e illusoria, perché anche il genitore che crede di salvare suo figlio, capisce che è un’illusione di breve durata, quello stesso figlio che mettiamo nella gabbia dorata, dopo qualche anno si dovrà immettere in una società dove –proprio a causa di - ci saranno sempre più tensioni, più conflitti sociali, più divisioni, e sarà sempre meno attrezzato a viverli, ad affrontarli.