CHI SIAMO

Il Coordinamento Genitori Democratici è un'associazione nazionale che, ispirandosi ai valori di laicità, democrazia, libertà e uguaglianza della costituzione repubblicana, promuove nella famiglia, nella scuola e nella società il pieno riconoscimento del diritto delle bambine e dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti ad essere considerati persona, a crescere in piena autonomia, salute, dignità e favorisce l'affermazione di una nuova cultura dell'infanzia e dell'adolescenza. Il C.G.D. promuove la cultura della pace e della non violenza e opera per fini di solidarietà e di promozione culturale, sociale e umana nella consapevolezza che i problemi dell'infanzia e dell'adolescenza possono essere risolti solo nella prospettiva di un diverso rapporto tra il nord e il sud del mondo, di un comune impegno per la difesa della natura e dell'ambiente, del rispetto e della valorizzazione delle diversità etniche, culturali e religiose, del pieno riconoscimento dei diritti dei deboli e degli svantaggiati.

martedì 12 aprile 2011

Cinque metri quadri per bimbo

Cinque metri quadri per bimbo
l'asilo nido diventa low cost
Senza fondi pubblici le rette salgono e la qualità si abbassa. Con l'appalto ai privati meno ore, spazi e attività educative. E cresce la protesta: a Bologna è già sceso in piazza il "popolo dei passeggini"
di MARIA NOVELLA DE LUCA

ROMA - Convenzioni "low cost", appalti al ribasso, rette più alte, orari più corti. Educatori precari, mal pagati, poco formati, costretti a turni più lunghi, con un numero di bambini da gestire spesso oltre i limiti di legge. I soldi non ci sono più, i Comuni hanno i conti in rosso, e la rete degli asili nido italiani, poco estesa è vero, ma in alcune regioni eccellente, rischia adesso il collasso. Sulla pelle dei più piccoli tra i piccoli, i bimbi 0-3 anni, in quei mille giorni della prima infanzia in cui un buon nido, così dimostrano ormai decine di ricerche e soprattutto gli studi del Nobel americano James Heckman, può diventare uno straordinario volano per lo sviluppo futuro. Senza fondi pubblici le rette salgono e la qualità si abbassa.

Cartoline da un'Italia che torna indietro. Dove la crisi spazza via anche le cose migliori. Dove il numero dei posti-nido, che era (miracolosamente) salito dal 10 al 17% in tre anni, grazie al finanziamento di 446 milioni di euro del piano straordinario deciso nel 2007 dal governo Prodi, oggi rischia di perdere numeri e qualità. Finiti quei soldi, per il 2011 ci saranno ancora un po' di risorse del "fondo per la famiglia", poi più nulla. Un deserto. Che ci allontanerà ancora una volta dall'obiettivo europeo che aveva fissato per il 2010 al 33% la quota minima di posti all'asilo nido per ogni regione.

E mentre si aprono le iscrizioni per l'anno 2011/2012 la protesta cresce. A Bologna, nel cuore
del welfare che funziona, è sceso in piazza il "popolo dei passeggini" mamme e bebè muniti di fischietto che hanno sfilato per le vie del centro contro la chiusura di alcuni storici nidi comunali. A Roma non si placa lo scandalo delle convenzioni a prezzo stracciato: appalti concessi dal sindaco Alemanno a cooperative che hanno accettato contributi comunali soltanto di 475 euro a bambino, contro i 700 ritenuti necessari dal Cnel a garantire gli standard minimi di qualità. E a Milano il comune ha "accreditato" asili privati a tariffe low cost (520 euro a bambino), mentre a Firenze sono stati gli educatori dei nidi comunali a protestare contro "l'esternalizzazione" dei servizi per la prima infanzia. In una giungla di normative e di regolamenti dove ogni regione fa da sé, dai metri quadri che devono essere assicurati ad ogni bambino, (6mq in Lombardia, 7 in Emilia Romagna, 10 nel Lazio) al numero di piccoli e piccolissimi che ogni educatore deve avere in carico. Spiega Lorenzo Campioni, pedagogista, collaboratore del "Gruppo nazionale nidi d'infanzia": "La crisi è grave, con questo taglio di fondi si rischia di passare dal nido come luogo educativo al nido come luogo assistenziale, dove i bambini vengono "guardati" ma non stimolati a sviluppare le loro qualità e i loro talenti. E purtroppo va in questa direzione anche la scelta di finanziare asili domiciliari, tagesmutter, con l'idea che basta essere donne, madri, e fare qualche ora di corso per potersi occupare di un gruppo di bambini... Il problema non è la contrapposizione tra i nidi pubblici - continua Campioni - e i nidi in convenzione. Il sistema integrato può anche funzionare, il punto sono i fondi e il controllo dei Comuni. Se le cooperative ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto, senza sostituirlo nelle malattie, aumentando così il numero di bambini per ogni educatore".

Eppure la campagna low cost va avanti, come denuncia Pino Bongiorno, presidente della Legacoop del Lazio, che si è rifiutata di partecipare ai bandi proposti da Alemanno. "E' impossibile gestire un nido con una convenzione di 475 euro a bambino. Per rientrare in quei costi chi gestisce gli asili avrebbe dovuto violare i contratti, assumere in nero, abbassare gli standard di sicurezza. Abbiamo detto no, e Alemanno è stato anche "bocciato" dall'Authority dei contratti, che ha giudicato gli asili low cost illegittimi. Ma il Campidoglio va avanti: purtroppo il parere dell'Authority non è vincolante". A sorpresa è stata un'associazione storica e di qualità, "Il centro nascita Montessori", ad aggiudicarsi uno di questi appalti, accettando una convenzione a tariffe stracciate. Ma la presidente, Laura Franceschini, si difende: "Siamo del tutto coscienti dei gravi limiti di questo bando, ci batteremo perché i parametri vengano cambiati, ma aprendo un nuovo nido volevamo salvare il posto di lavoro ad un gruppo di nostri educatori, dopo la chiusura di un nido aziendale che avevamo gestito per sette anni...".

Parole, dati, cifre che dimostrano quando il "sistema nidi" sia fragile. E quanto, con le parole di Lorenzo Campioni, basti il taglio di qualche ora, un'attenzione in meno, per creare ansia e danni a bimbi così piccoli. "Pensate alla differenza tra il cambiare un bambino in un minuto e mezzo, perché ce ne sono altri 10 a seguire, o cambiarlo in 4 minuti, sorridendo e parlandogli: le sue sensazioni saranno di pace e serenità, invece che di fretta e di stress. Vi sembra poco?". 

Omeopatia, dentista e psicologo

Tolto il segreto sui costi dell'assistenza integrativa dei deputati e dei loro familiari. Nel 2010 spesi oltre 10 milioni di euro. Ma non tutto è ancora pubblico di ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio. Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.
LA TABELLA 1

Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche. Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.

Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto
il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket.

A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata
Parlamento WikiLeaks. I deputati di Pannella chiedono i dati delle consulenze e degli appalti e contratti vari, e poi li pubblicano online "perché solo così - spiega l'onorevole Rita Bernardini - i conti della Camera sono sottoposti al controllo dell'opinione pubblica. In caso contrario alla Camera si sentono liberi di fare qualsiasi cosa perché tanto non c'è nessuno che li controlla".

Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili? Cosa c'è da nascondere?

Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste".

Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo - spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini italiani. Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all'anno